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«A noi piace immaginare che il marrobbio sia nostro e solo nostro

e nessuno si azzardi a paragonare il nostro marrobbio con quello di altri luoghi

perchè il nostro è il nostro ed è il più bello»

Se dovessi consigliare ad uno straniero la strada migliore per conoscere Mazara del Vallo e i mazaresi, gli direi di cominciare con il percorrere gli stretti vicoli che rugano il centro storico della città fondata dai fenici. Di soffermarsi in particolare in Vicolo del Marrobbio, dove questa frase campeggia in un murales di ceramica dipinto a mano e di farsi spiegare da qualche vecchio pescatore del luogo cosa è il marrobbio. Perchè il marrobbio, una repentina ed imprevedibile variazione del livello delle acque del mare, è la rappresentazione meteomarina dell’anima inquieta dei mazaresi. Un passo di danza del mare che nei mesi autunnali o primaverili può far registrare anche un metro di innalzamento del livello dell’acqua.

Un fenomeno al quale, con un po’ di fortuna, è possibile assistere in primavera e in autunno nel porto canale che si snoda lungo l’estuario del fiume Mazaro e che i pescatori di Mazara del Vallo conoscono bene. Già, i pescatori di Mazara, uomini che nei secoli hanno plasmato una delle più importanti marinerie del Mediterraneo con centinaria di pescherecci di altura, barche per la pesca costiera e per la piccola pesca locale. Una comunità che ogni giorno mette in scena, silenziosamente e senza fronzoli, la sacra rappresentazione della convivenza civile tra genti di diversa etnia e che costutuisce la colonna vertebrale della realtà socio-economica di questa città.

Un fenomeno al quale, con un po’ di fortuna, è possibile assistere in primavera e in autunno nel porto canale che si snoda lungo l’estuario del fiume Mazaro e che i pescatori di Mazara del Vallo conoscono bene. Già, i pescatori di Mazara, uomini che nei secoli hanno plasmato una delle più importanti marinerie del Mediterraneo con centinaria di pescherecci di altura, barche per la pesca costiera e per la piccola pesca locale. Una comunità che ogni giorno mette in scena, silenziosamente e senza fronzoli, la sacra rappresentazione della convivenza civile tra genti di diversa etnia e che costutuisce la colonna vertebrale della realtà socio-economica di questa città.

Loro, i pescatori, nel 1998 hanno fatto un grande regalo a Mazara, pescando nel canale di Sicilia una statua ellenistica di quasi due metri che, ancora oggi, conserva il mistero delle sue origini. Il Satiro danzante non è solo un reperto archeologico di immenso valore storico ed artistico, è soprattutto un ambasciatore del patrimonio culturale della Sicilia grazie alle sue esposizioni a Montecitorio, all’Expo di Tokio, al Louvre di Parigi.

 

«Haec prisco tempore, cum Selinis staret, oppidulum erat, et Emporium ad fluvium, stagnumque ejusdem nominis situm

Lo dice per la prima volta lo studioso cinquecentesco Tommaso Fazello che Mazara, scalo di origine fenicia, diventa tra il VI ed il V secolo A.C. emporio e presidio fortificato della citta-stato di Selinunte, baluardo al confine con il territorio di Lilibeo, l’antica Marsala. Con la fine di Selinunte, Mazara viene occupata per due secoli dai Cartaginesi, fino alla seconda guerra punica, quando Roma la trasforma in castrum. Lo sviluppo urbano del sito avviene a partire dall’827 con la conquista da parte degli arabi che, in due secoli di dominazione in Sicilia, impongono a Mazara – e non solo ad essa – l’impronta del modello insediativo islamico che ancora oggi connota fortemente il carattere del centro storico della città che, nel 1097, accolse il primo parlamento normanno.

Ma la dominazione araba non ha influito solo sull’impianto urbanistico di questa importante città siciliana. Basti pensare che essa diventerà capoluogo e darà il nome al Val di Mazara, uno dei tre grandi distretti con cui i saraceni ripartiranno amministrativamente la Sicilia e che resteranno tali fino al 1812. Ancora oggi Mazara del Vallo ospita la più grande comunità magrebina in rapporto al numero complessivo di abitanti e, nonostante la trasformazione urbanistica prima in epoca normanna e via via nel corso dei secoli successivi, conserva un forte richiamo alle città arabe con i quartieri del centro storico segnati da un fitto dedalo di vicoli che richiamano alla kasbah.

«Nel tempo che in questa il Viaggiatore dimorerà, potrà osservare la Cattedrale, ove troverà tre antichi sarcofagi di marmo, storiati a basso rilievo», scrive Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, nel suo Viaggio per tutte le antichità di Sicilia, descrivendo forse una delle tante opere scultoree della famiglia Gagini che arricchiscono l’interno del più importante monumento religioso di Mazara del Vallo. La basilica dedicata oggi a San Salvatore fu fatta erigere – nel luogo in cui precedentemente si trovava una moschea – da Ruggero d’Altavilla nel 1093, anno in cui Mazara diventa città vescovile.

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