Una delle tradizioni più sentite dalla popolazione di Pietraperzia, viene rappresentata il Venerdì Santo con la processione dell’altissima croce detta: “Lu Signuri di li fasci”, del Signore nell’urna e della Madonna Addolorata. L’anima di “lu Signuri di li fasci” è una trave di legno di cipresso, terminante a croce. La trave è alta metri 8,50 con tutta “la vara”.
Essa viene portata all’esterno della chiesa del Carmine (dove ha sede) verso il tramonto del sole e lasciata in posizione orizzontale nello spiazzale antistante la chiesa stessa. Quindi nella parte alta della trave viene apposto una struttura metallica di forma circolare. Di lì a poco i fedeli si avvicinano alla croce e cominciano ad annodare al cerchio numerosissime fasce di tela di lino bianche della lunghezza di circa 32 metri e della larghezza di circa 40 centimetri. Per annodare la sua fascia il fedele deve presentare ai confrati responsabi1i un biglietto di iscrizione che serve per registrare il numero delle fasce. La funzione delle fasce sarà quella di consentire ai fedeli di mantenere in equilibrio la lunga asta di legno lungo il percorso processionale. Intanto, all’interno della chiesa del Carmine, si svolge un altro atto tradizionale di cui non si conosce 1’origine: un componente della confraternita tutto il pomeriggio è impegnato a stendere, sul corpo del Crocifisso, dei nastrini rossi, detti “misureddi” (piccole misure) che così benedetti, vengono, legati dai fedeli all’avambraccio o alla caviglia. Poco prima dell’inizio della processione, viene posto in cima alla croce, Crocifisso antico e miracoloso. Commovente il sincronico passaggio del Crocifisso da una mano all’altra (“a ppassamànu”) dei confrati disposti a catena dentro la chiesa del Carmine; e ciò al fine di far pervenire il Crocifisso dal posto dov’è tenuto nel pomeriggio per la tradizionale benedizione di “li misurèddi”, fino all’esterno dell’ingresso della Chiesa dove già la croce è pronta per essere innalzata. La gente, che si trova in chiesa si riversa fuori per assistere al momento della spettacolare “alzata” della grande croce. Nel mentre, i confrati, impegnati nell’atto rituale del passamano del Crocifisso, pregano gridando la giaculatoria: “Pietà e Misericordia, Signuri”. Questa giaculatoria sarà ripetuta dai portatori della “vara”,ogni volta che sono chiamati dal doppio colpo di un martello di legno (dato dal confrate-guida sul fronte interno del fercolo) a rimettersi sulle spalle il pesante carico. Ai piedi del Cristo in croce viene posto un globo a vetri colorati, simbolo del mondo e delle sue diversità, dominato dalla potenza salvifica di Cristo. Questo globo viene internamente illuminato da 4 lampade che ne fanno risaltare la sua policromia. La processione, che ha inizio abitualmente tra le 20.30 e le 21.00, si muove lentamente per alcune vie del paese. Le finestre e i balconi delle abitazioni che si affacciano su quelle vie sono gremite di persone. Apre il corteo processionale la confraternita Maria SS. del Soccorso, che cura la manifestazione. Quindi segue una delle tre bande musicali (due locali e una forestiera); poi “lu Signuri di li fasci” e una folla immensa; viene dopo una seconda banda musicale e il simulacro dell’Urna col Cristo morto, i fedeli e ancora una terza banda musicale e la statua della Madonna Addolorata. Anticamente dietro “lu Cravàniu” (così era chiamato “lu Signuri di li fasci”) si ponevano tutti coloro che durante l’anno avevano ricevuto la grazia di una guarigione per se o per i propri congiunti; camminavano scalzi e con una catena di ferro ai piedi (“la prucissìoni di li malati”). L’artistica Urna col Cristo morto, viene portata a spalla da alcuni confrati incappucciati, mentre altri li affiancanolateralmente tenendo in mano una torcia. Particolare fascino per il loro sapore di antico e per la caratteristica intonazione lamentevole esprimono le tristi nenie, la cosiddetta “Ladàta”- che gruppi di persone cantano vagando per il paese o seguendo la processione. Esse sembrano dare sfogo al loro dolore per la morte in croce del Figlio di Dio. Le fasce bianche – che diventano fluorescenti per il riflesso della luce delle lampade impiantate sull’asse verticale della croce- viste da lontano danno ai presenti la sensazione di assistere ad un avvenimento miracoloso: la visione di una montagna alta e innevata, con sulla cima un Crocifisso che si muove da se. A questo punto non si può non parlare della pericolosità del trasporto di un così mastodontico simulacro. Pur essendoci le fasce, che hanno la funzione di equilibrare l’andatura dello stesso, tuttavia spesso, per la poca esperienza o per la disattenzione dei conduttori di fasce, si causano tali inclinazioni della trave da far temere e restare col fiato sospeso tutti gli astanti. Il grido preoccupato dei confrati responsabili (“Attrantàmmu li fasci!” cioè: Tiriamo con forza distendendo le fasce! Oppure: “Allintammu li fasci!” Cioè: Allentiamo le fasce!) produce attimi di forte ansietà nei presenti. Questi momenti inattesi di suspence rendono ancora più suggestiva la processione, la cui durata compplessiva è di circa quattro ore con parecchie fermate e ripartenze comandate da un confrate, il quale battendo con un martello di gomma tre colpi sul tavolato della vara, indica la partenza, battendone due da il segnale del riposo. La processione estenuante, ma ricca di emozioni, termina verso le ore due di notte. * Si ringrazia il Comune di Pietraperzia per la concessione di questo testo