Quello che vi proponiamo è un itinerario intriso di cultura, storia, spiritualità e… buon cibo. Il monastero di San Filippo di Fragalà sorge su una collina a circa 700 metri di altitudine e a tre chilometri dall’abitato di Frazzanò. Siamo nel cuore della Sicilia verde, sul versante centro-orientale dei Nebrodi, tra boschi di nocciole, foreste, laghi di montagna, centri storici tranquilli e lughi sacri della gastronomia dell’Isola (leggi qui).
Nel 1090 circa, il Conte Ruggero, condottiero normanno, fece edificare il monastero in questo luogo solitario e panoramico, poco lontano anche dal pittoresco centro di Longi. Fu questo il secondo monastero edificato dai Normanni, dopo quello di Troina. Il monastero di Fragalà sorse sui resti di un cenobio bizantino dedicato a San Nicolò di Bari, di cui sono venuti alla luce, durante i recenti lavori di restauro condotti dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Messina, un’abside centrale e due nicchie laterali, in posizione adiacente alla successiva chiesa normanna. Una leggenda popolare vuole che il monastero di S. Filippo sia stato ricostruito per voto dal conte Ruggero, perché il santo avrebbe liberato il piccolo Ruggero da un bruco che gli era penetrato in un orecchio. La storia avrebbe un parziale riscontro in un diploma della regina Adelasia, in cui si accenna alla guarigione del figlio Ruggero II, avvenuta nel 1105. Nei molti documenti emanati in favore dell’abbazia, Ruggero il Gran Conte ammonì ripetutamente i suoi funzionari sia laici che ecclesiastici di rispettare le concessioni da lui fatte al monastero di San Filippo; dopo la sua morte, avvenuta il 22 giugno 1101, la politica di benevolenza nei confronti dei monasteri basiliani (e, in particolare, di S. Filippo di Fragalà) fu continuata dalla vedova Adelasia e dal figlio Ruggero II. Il fabbricato, pur subendo inevitabilmente le ripercussioni del declino del monachesimo greco e le vicissitudini storiche contingenti, è sopravvissuto fino ad oggi mantenendo integre alcune strutture architettoniche orginali. dificato a due elevazioni e a pianta quadrangolare, con un perimetro di circa 220 metri, è ripartito in una quarantina di stanze. Il portone esterno è incorniciato da un pregevole bugnato in conci di pietra locale. Dal portone si accede ad un ingresso rettangolare rivestito di pietra e malta, diviso in cinque arcate, che immette nel chiostro, anch’esso rettangolare, su un lato del quale sorge la chiesa. Essa appartiene al tipo a croce commissa ed è la più antica tra le chiese normanne sopravvissute fino ai nostri tempi. Di notevole pregio sono gli affreschi bizantini che ornano le absidi. Vi sono rappresentate teorie di santi disposti “secondo le gerarchie e la posizione canonica prescritta nell’arte liturgica”. Di queste figure oggi non è possibile rinvenire che pallide tracce: sulla volta dell’abside occidentale si distingue la figura di un angelo tra motivi ornamentali a forma di nastri. In posizione centrale, al di sotto di una mandorla che doveva contenere la figura del Pantocratore, è ancora possibile ravvisare il volto della Madonna. Si tratta di pitture di grande pregio, con panneggi che ricadono morbidamente, tracciati con pennellate fluide, su un fondo blu lapislazzulo, nel quale spicca l’incarnato dei personaggi di tipo scuro che si trova in altri affreschi bizantini del periodo. Gli affreschi delle absidi laterali, lievemente più tardi nell’edificazione dell’abside centrale, presentano teorie di santi, appartenenti a categorie diverse, dai martiri ai monaci, con prevalenza di questi ultimi. Il ciclo pittorico di Fragalà può datarsi tra la fine dell’XI e l’inzio del XII secolo. Il XVI secolo è l’epoca in cui ebbero probabilmente luogo vari lavori di ampliamento del monastero. Nel Seicento, inoltre, la porta della chiesa perdette probabilmente l’arco a tutto sesto per assumere la sua attuale forma rettangolare. Il suo architrave in marmo di S. Marco reca scolpita la data del restauro: il 1613. Ancora più recente è il campanile, sormontato da una volta di foggia araba, fatto costruire nel ‘700. Nel 2000, a distanza di più di un secolo dall’esodo dei monaci a seguito delle leggi eversive statali (1866), il monastero di Fragalà, in parte restaurato, è stato riaperto al pubblico. Questa è una zona interessante da punto di vista dei prodotti tipici e gli appassionati del genere -finita la visita al monastero- potranno concedersi una pausa enogastronomica di tutto rispetto. La scelta varia tra la rinomata e intramontabile Antica Filanda (clicca qui per saperne di più) che si trova a Caprileone, a pochi chilometri dall’abbazia, e Fattoria Fabio a Galati Mameritino. Quest’ultima è una trattoria che vi consigliamo di provare per la sua straordinaria genuinità. Occorre proseguire in direzione di Galati Mamertino e, pochi chilometri prima del paese, imboccare la comoda trazzera segnalata.
Fattoria Fabio è l’emblema dell’osteria di campagna. Circondata da ulivi, noccioli e alberi da frutta, si trova ad un paio di chilometri da Galati, sulla provinciale che porta alla litoranea Messina – Palermo. Buona parte dei piatti della tradizione preparati da Salvatrice (coadiuvata dai figli Marco e Simone) dipendono dalla stagionalità dei prodotti dell’orto e del piccolo allevamento di suini e ovini gestito dai titolari. Giacomo e a l’altro figlio Francesco gestiscono la sala senza lesinare informazioni e consigli sulle portate. (per saperne di più)
Infine, se volete soggiornare in questi luoghi unici, immersi nella natura e coccolati dalla genuinità di persone e buon cibo, noi non abbiamo dubbi: l’agriturismo La Vedetta dei Nebrodi è ciò che fa per voi (vedi)