Palagonia è una città dalle origini talmente antiche che ogni suo più piccolo angolo profuma di una storia millenaria. Può essere considerata una città museo proprio per la quantità di testimonianze archeologiche che conserva ed è sempre stata definita la regina della piana di Catania.
Si trova proprio a sud della famosa piana, circondata dal verde cupo degli agrumeti ed inebriata dal delicato profumo di zagara. Le fa da corona il monte Croce, assieme al fiume Catalfàro che scorre lungo le falde di questa montagna; entrambi costituiscono quei segni riconoscibili che conducono subito il pensiero a questa città.
Palagonia fu fondata con il nome di “Palika” da Ducezio, re dei Siculi, nel 453 a.C., attorno al tempio dei Palici, in prossimità di quei laghi menzionati da Ovidio, parlando del ratto di Proserpina. Ovidio parlò del lago dei Palici, affermando che il cocchio di Nettuno attraversò questi bacini d’acqua molto profondi e odoranti di zolfo. La forza e la bellezza della vegetazione, l’aspetto imponente delle colline conferiscono a questo luogo un fascino, sicuramente, senza pari.
La fertilità del suolo e l’aria salubre di questo territorio consentono la coltivazione di un frutto davvero pregiato: l’arancia rossa di Palagonia. Una leggenda popolare narra che il colore rosso di questo antico agrume derivi dall’influenza delle incandescenti colate laviche dell’Etna. È ovvio che le peculiarità dell’arancia rossa provengono da altro, ad esempio, dal giusto equilibrio clima – terreno, garanti delle caratteristiche tipiche di questo meraviglioso frutto.
Il complesso archeologico più importante di Palagonia è rappresentato dalla zona delle “Coste”, situata sulla punta estrema dei monti Iblei. Dalla sommità di queste montagne si domina il panorama dell’Etna, delle Madonne, degli Erei e la superba costa catanese. Le “Coste” sono state un abitato bizantino nell’era preistorica. Nelle pareti scoscese che la caratterizzano si aprono anche delle antichissime necropoli.
All’interno delle “Coste” si trova l’oratorio di Santa Febronia, una chiesa interamente scavata nella roccia risalente al VI o VII secolo a.C.. L’antica basilica ha una pianta quasi quadrata e possiede due altari. Il primo è inserito in una nicchia che circoscrive l’affresco di un Cristo Pantocratore.
Nelle pareti, inoltre, si trovano dipinti come l’Annunciazione, il martirio di Santa Febronia, Sant’Andrea, San Gregorio Magno che fu vescovo, Santa Lucia, Adamo ed Eva e Santa Anastasia. Il tetto è decorato con una merlettatura a rilievo. Nel pavimento, invece, si trova scavata una fonte battesimale a cascata per il battesimo ad immersione.
Nella zona opposta alle coste si trovano i resti della basilica di San Giovanni Precursore (nella foto che apre questo servizio). È una costruzione singolare dove si conserva ancora l’abside ed alcune colonne databili intorno al settimo secolo dopo Cristo. La basilica molto piccola era di conseguenza, non adatta a contenere il gran numero di fedeli che vi facevano pellegrinaggio, tanto che fu ipotizzata la possibilità che assistessero alle funzioni religiose dall’esterno. La chiesa sembra non possedesse delle pareti laterali vere e proprie ma una leggera cortina di archi entro i quali vi erano delle porte, poi, aperte durante le messe. La basilica di San Giovanni Precursore è divenuta, oggi, monumento nazionale.
Spettacolare la Grotta dell’Organo, situata all’interno di una valle, posta su di un costone di roccia costituito da uno strapiombo. La grotta porta questo nome per l’abbondanza di roccia basaltica che determina una frastagliatura simile a tante canne di organo. Questo superbo spettacolo domina l’intera vallata.
Assieme agli impianti degli agrumeti, già esistenti alla fine sedicesimo secolo, nelle campagne di Palagonia furono scavati dei pozzi per reperire l’acqua necessaria a coprire il fabbisogno estivo. Attorno a questi pozzi furono costruite delle strutture come il noto pozzo “Blandini”. Pozzo “Blandini” è alto sei metri e domina tutta la piana circostante. Nei pressi del pozzo pare vi fosse l’impianto di una “noria” per il sollevamento dell’acqua, azionata da animali da giogo.
Per gustare a pieno la cucina di questa zona, con l’utilizzo anche innovativo e delicato dell’arancia rossa, vi consigliamo una deviazione di pochi chilometri per raggiungere A Maidda, in via Alfieri 2 a Lentini. Il padrone di casa, Salvo Bordonaro, vi guiderà con competenza e simpatia nella scelta dei piatti dettati dalla stagione. Si va dalle polpette di finocchietto selvatico al dolce di ricotta con crema di agrumi, passando per le linguine all’arancia rossa, la pasta con ricotta e cicoria, la trippa in umido e le lumache alla lentinese con sugo di pomodoro e cipolla. Solo per darvi l’idea.